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Studio di architettura NA.FT.A. progettazione restauro interior design
Il bivacco, ben diverso dal rifugio, lo vedi da lontano con la sua sagoma familiare. Lo aspetti ad ogni curva perché sei stanco, perché si trovava sempre nel posto più lontano ed invisibile, più difficile da raggiungere … ancora oggi quando raggiungo il bivacco Grisetti o lo Slataper, mi sembra sempre un miracolo quando appare la sagoma rossa anche se so benissimo dov’è.
Vediamo allora di illustrare i sentimenti che mi hanno guidato nell’immaginare questo progetto.
Il primo è stato sicuramente quello legato al concetto di riconoscimento: il bivacco lo devi conoscere prima di incontrarlo altrimenti rischi di non vederlo e quindi ho voluto fortemente una forma della, o meglio, nella memoria di tutti noi.
Ecco, quindi, che è stato immediato il collegamento alla Grande Guerra che, proprio di fronte alla ns. vallata – già comunque attrezza come linea di estrema difesa italiana -, ha visto spegnersi innumerevoli vite di soldati mandati allo sbando in uno scenario quanto mai ostile e nel contempo strabiliante.
Proprio questa primavera ho accompagnato mia figlia adolescente al cimitero di guerra sulla Dobbiaco-Cortina ed abbiamo semplicemente letto insieme nomi e date di nascita e morte… Basterebbe riportare questo elenco di 1259 caduti di origine ungherese, slovena, croata e anche italiana, per comprendere quanto assurda sia stata quella guerra ma, ho anche avuto la conferma del suo fascino anche agli occhi di una ragazzina.
Da dove deriva tale soggezione? Da dove trae alimento la cultura della Grande Guerra che ancora oggi genera ogni anno decine di pubblicazioni sull’argomento?
Per me, come ho riportato in premessa, furono sicuramente i racconti dei nonni, la loro tragedia di occupati e più tardi anche la passione per la ricerca di cimeli ed in generale dei resti sparsi per le nostre montagne che mi ha sempre fatalmente attratto. Non so bene perché ma, negli anni, mi sono riempito di pezzi di legno, filo spianato, chiodi, frammenti di elmetti… e ben ho memoria di ogni ritrovamento.
Ecco forse dove risiede il fascino primordiale: cosa c’entravano le trincee ed i cannoni con le rocce? E vien da pensare a come facessero a sparasi a fianco di tanta bellezza? Mai forse la nostra storia aveva portato l’uomo a compiere i suoi peggiori gesti in un luogo così bello.
Eppure, oggi più che mai, anche grazie al centenario imminente, le Dolomiti sono accostate alla Prima Guerra Mondiale e vengono riproposti sentieri, vie ferrate, musei all’aperto incentrati su questo argomento. Non potevo quindi sottrarmi da questo tarlo ed ecco perché ho proposto questo strano oggetto!!!
Sì, è proprio un caschetto militare tedesco scelto solo come icona al di là di ogni nefasta ideologia, in quanto è la più profonda e immediata nella memoria di tutti, cosicché fosse semplice la trasposizione del ricordo: “… andiamo al bivacco Fanton… quello a forma di elmetto, non possiamo sbagliare… lo troveremo sicuramente …”.
La seconda associazione è stata anch’essa immediata: gli Sturmtruppen!!! Fumetto della mia infanzia di cui non capivo la profonda malinconia e mi faceva solo sorridere. Sturmtruppen è una raffigurazione della guerra vista dagli occhi delle truppe d'assalto tedesche. Tuttavia, non si tratta semplicemente di satira contro la guerra, perché i soldatini di Bonvi, in realtà, sono solo un pretesto con cui egli, anarchico convinto, sbeffeggiava quell'obbedienza "… cieka, pronta, assoluten…".
Utilizzando un italiano germanizzato, con cadenze e terminazioni “pseudogermaneggianti”, Bonvi li raffigura come una massa di uomini ingenui e incapaci alle prese con le difficoltà della guerra, la severità (o pazzia) dei generali, la mancanza di tutti quei piaceri che permettono all'uomo di vivere e non di sopravvivere, come i viveri o la pace. Nelle strisce si susseguono situazioni grottesche e irrealistiche, come un medico di campo ossessionato dai vampiri, ad un "rancio Frankenstein" che prende vita dagli esperimenti del cuoco, fino ad invasioni molto più realistiche di topi o cimici nelle trincee…
Non ricordo trincee nella Seconda Guerra… ed ecco dunque che scopriamo come il contesto delle Sturmtruppen sia una steppa ben più riconoscibile come scenario della Prima Guerra.
Bonvi ci fa sorridere e riflettere sulla follia della guerra e ci porta direttamente agli scenari del “Deserto dei Tartari” o di “Niente di nuovo sul fronte occidentale”.
Ecco che il mio casco non è di un soldato, ma è quello di Sturmtruppen!!! Così, oltre ad ansimare per la fatica, quando si arriverà lassù magari ci scappa anche un sorriso e, forse, anche una riflessione sulla strana forma che ci si pone davanti.
Per questo la scelta di questa grafica per i disegni: essa è intrinsecamente legata a questi assunti, a queste suggestioni, alle mie passioni …